Rassegna Stampa 2010

Al via il XIV Festival Pianistico di Napolinova

Un ottimo concerto di Giuliano Guidone inaugura la rassegna nella Sala della Meridiana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Giunto alla sua quattordicesima edizione, il Festival Pianistico, organizzato da Alfredo de Pascale, direttore artistico dell’Associazione Napolinova, è iniziato con il recital di Giuliano Guidone, tenutosi nella Sala della Meridiana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Il pianista napoletano ha iniziato la sua esibizione con la Sonata in mi bemolle maggiore Hob.XVI:49, appartenente alla produzione meno conosciuta di Haydn ed una delle pochissime, fra le 51 complessive, composte dall’autore austriaco in età matura.
Dedicato a Schumann, del qual cade il bicentenario della nascita, il resto del concerto, con la proposizione dei Tre Fantasiestücke, op.111 e Humoreske in si bemolle maggiore, op. 20.
I primi risalgono al 1851, quando l’autore lavorava a Düsseldorf ed aveva già cominciato a soffrire di quei disturbi mentali, che lo avrebbero perseguitato fino alla morte avvenuta nel 1856.
La maggiore particolarità dell’insieme consiste nel fatto che i tre pezzi non sono contrassegnati dalle tonalità, ma da indicazioni di tempo, nell’ordine Molto vivace e appassionatamente, Piuttosto lento – un poco più mosso ed Energico e molto marcato.
Dal canto suo l’Humoreske contiene già nel titolo una precisa indicazione e si basa, infatti, su cambiamenti continui ed improvvisi del ritmo, che rispecchiano l’animo dell’autore. In effetti il brano, scritto nel 1839 a Vienna, risente soprattutto degli “umori” legati alla lontananza di Schumann dalla sua amata Clara, che avrebbe sposato soltanto l’anno successivo, una volta raggiunta da lei la maggiore età.
Confrontatosi con questo programma molto impegnativo, Giuliano Guidone ha non solo mostrato la sua consueta bravura, ma è riuscito, in gran parte, a superare i problemi legati ad un’acustica particolarmente strana, ricca di riverberi, che contraddistingue la Sala della Meridiana, scelta quest’anno dalla Soprintendenza al posto della solita e altrettanto prestigiosa Sala del Toro Farnese.
Pubblico numerosissimo e visibilmente entusiasta, che ha chiesto e ottenuto un bis, dedicato a Chopin, anch’egli celebrato in questo 2010, in quanto coetaneo di Schumann.
Prossimo appuntamento con Domenico Cacace, che omaggerà domenica prossima entrambi gli autori “bicentenari”.

Omaggio al Violino

Un incontro-concerto con Manuel Meo e la sua Masterclass apre la rassegna “Pomeriggi in Concerto” di
Napolinova

Nella Sala delle conferenze del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha avuto luogo il primo appuntamento della nona edizione dei “Pomeriggi in Concerto”, rassegna curata dall’Associazione Napolinova. Si è trattato di un incontro-concerto in quanto, nella prima parte, abbiamo assistito ad una breve conversazione fra Alfredo de Pascale, direttore artistico della manifestazione ed il maestro Manuel Meo, violinista di fama internazionale, che ha tenuto la Masterclass organizzata dall’Associazione Napolinova.
Vari gli argomenti affrontati, da quelli più attuali, relativi alla scarsità di fondi, ai problemi legati alla riforma dei Conservatori ed ai difficili sbocchi che uno studente può trovare una volta diplomato, a quelli prettamente tecnici, relativi alle varie scuole violinistiche ed al confronto fra i giovani violinisti di oggi e quelli di una volta.
Infine, per coinvolgere anche il pubblico, si è parlato anche della idea che molta gente comune si è fatta della vita del musicista, idilliaca, romantica e continuamente immersa nella bellezza dei suoni. Uno stereotipo, per buona parte influenzato dalla stampa e dalla televisione che, mettendo in evidenza soltanto i grandi artisti, contribuiscono a fornire all’insieme un’immagine fortemente deformata.
La seconda parte del pomeriggio, rivolta al concerto vero e proprio, ha avuto come protagonisti quattro studenti della Masterclass, fra i quali alcuni molto giovani.
In apertura abbiamo ascoltato il quattordicenne Simone Ciccarelli, confrontatosi con la Sonata per violino e basso continuo in re minore op.5, n. 12, composta da Corelli sul celeberrimo tema di origine portoghese noto come “La Follia”. Successivamente Carmen Zupi Castagno ha interpretato Romanza e danza, pezzo scritto da un Rachmaninov ventenne, mentre un’altra giovanissima esecutrice, Federica Severini, ha suonato il primo movimento del Concerto per violino e orchestra in fa diesis minore n. 1, op. 14 di Wieniawski.
Finale con Isabella Parmiciano, che ha eseguito la Sonata in sol minore di Tartini, meglio conosciuta come “Il Trillo del diavolo” in quanto, secondo la tradizione, il musicista avrebbe riportato sulla carta un brano suonato dal demonio in persona, che gli sarebbe apparso in sogno.
Per quel che riguarda gli interpreti, non è il caso di stilare una classifica, considerando che si confrontavano realtà molto diverse fra loro, per età ed esperienza.
Si può, invece, formulare un giudizio complessivo molto positivo, poiché tutti si sono impegnati al massimo ed il recital ha evidenziato sia la bravura dei singoli, sia la bontà del lavoro svolto dal docente.
Una nota di merito va anche a Fabio Acri, che ha accompagnato i violinisti al pianoforte, riuscendo ad interagire bene con tutti e mostrando ancora una volta la sua capacità e versatilità.
Infine un sincero plauso va ad Alfredo de Pascale, che con le sue iniziative è uno dei pochissimi, nella nostra città, a dare ai giovani la possibilità di frequentare corsi di perfezionamento e di esibirsi davanti ad un pubblico che, nonostante il caldo insopportabile di questi giorni, ha riempito completamente la sala del concerto, partecipando con grande entusiasmo all’evento.
Prossimo appuntamento, domenica 18 luglio, con un omaggio alla lirica che avrà come protagonisti gli alunni della Masterclass di canto tenuta dal maestro Delfo Menicucci.

Omaggio alla lirica tutto al femminile

Le allieve del Master del tenore Delfo Menicucci protagoniste dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova

Il secondo appuntamento con la nona edizione dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova, rassegna organizzata da Alfredo de Pascale, ha avuto come ospiti alcune delle allieve del Master di Canto e Tecnica vocale tenuto dal tenore Delfo Menicucci (nella foto).
Il concerto è stato preceduto, secondo una prassi fortemente voluta quest’anno da Alfredo de Pascale, da una conversazione con il maestro Menicucci, allo scopo di fornire al pubblico qualche delucidazione sul reale stato
dell’arte della lirica.
Una dissertazione che ha avuto il pregio, nella sua brevità, di affrontare i punti dolenti del settore, partendo dall’uso ormai quasi generalizzato dei microfoni nell’ambito delle rappresentazioni operistiche, fino a giungere alla disastrosa riforma dei conservatori, passando per i problema legati al taglio dei fondi ed alla penuria di autori che scrivono opere (quelle vere, naturalmente, da non confondere con i vari surrogati che girano sotto la dicitura “opera popolare” e sono né più e né meno che dei musical).
Dopo questo triste resoconto, largo alla musica, con l’esibizione di tre allieve del corso, che si sono alternate nell’eseguire arie celeberrime, ma anche pezzi meno noti.
Così il soprano Teresa Iodice ha dato vita, nell’ordine, ai personaggi di Manon Lescaut, Adriana Lecouvrer, Mimì e Lodoletta, mentre il soprano Concetta Stucchio che, ad onta dei suoi diciannove anni, è già una veterana di questo master, si è confrontata con il suo autore prediletto, Puccini, interpretando il “Valzer di Musetta” e “Addio, senza rancor” dalla “Bohème”, e “Un bel dì vedremo” da “Madama Butterfly”. Dal canto suo il mezzosoprano Valeria Mela ha proposto un repertorio vario, rivolto prima alla Cavalleria Rusticana di Mascagni (“Voi lo sapete, o mamma”) e successivamente alla produzione transalpina, con “Mon coeur s’ouvre à ta voix” da “Samson et Dalila” di Saint Saëns e “L’enamourée” da “20 Mélodies” (Libro Primo) di Reynaldo Hahn (1874-1947), venezuelano naturalizzato francese Le tre artiste si sono dimostrate tutte e tre molto brave, evidenziando una notevole estensione vocale ed una dizione chiara, caratteristica quest’ultima sulla quale il maestro Delfo Menicucci, specializzato anche nel recupero delle voci perdute, insiste da sempre.
Un cenno merita ancora Simonetta Tancredi, che ha ben accompagnato al pianoforte le cantanti, con un occhio allo spartito e l’altro alla sua bimba di pochi mesi, accudita dietro le quinte dallo sguardo vigile di baby sitter occasionali (fra i quali va segnalato anche il maestro Menicucci).
Il finale lo dedichiamo al pubblico, che ha sfidato il caldo opprimente di domenica scorsa, riempiendo in ogni ordine di posto la Sala delle conferenze del Museo Archeologico Nazionale, segno che la passione per la lirica ha prevalso anche sulle difficoltà meteorologiche.
Prossimo ed ultimo appuntamento di luglio, domenica 25, con il Master di pianoforte tenuto da Antonio Pompa-Baldi, celebre pianista pugliese trapiantato a Cleveland.

Pianisti del Sud in evidenza

La prima parte dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova si chiude con gli allievi del Master tenuto da Antonio
Pompa-Baldi

Terzo ed ultimo appuntamento della prima parte della rassegna “Pomeriggi in Concerto”, organizzata da Alfredo de Pascale, direttore artistico dell’Associazione Napolinova.
Questa volta i protagonisti sono stati gli allievi del Master di pianoforte, tenuto da Antonio Pompa-Baldi, prestigioso musicista foggiano, trapiantato da diversi anni a Cleveland (USA), dove insegna al CIM (Cleveland Institute of Music).
Prima del concerto, consueta conversazione con il docente, anche in questo caso particolarmente interessante, in quanto il maestro Pompa-Baldi ha avuto la possibilità di confrontarsi sia con la realtà italiana che con quella statunitense. Ed infatti, ha posto l’accento sulle differenze fra i due paesi, a partire dalla struttura scolastica, negli USA caratterizzata da un percorso lineare, con vari livelli di progressiva difficoltà, che corrispondono a determinati titoli, sicuramente non come da noi, dove la recente riforma dei conservatori ha contribuito ad alimentare il caos e risulta ancora un oggetto misterioso e, per molti, incomprensibile.
Riguardo al reperimento dei fondi, in America risulta di natura esclusivamente privata e si basa su donazioni, anche da parte di ex-allievi divenuti famosi, mentre la chiamata dei docenti avviene “per chiara fama”, ma essi non possono contare su rendite di posizione, come accade spesso in Italia, perché devono dimostrare di essere dei validi insegnanti, pena la perdita del posto. Infine un cenno sull’attenzione verso i giovani musicisti, che sicuramente neanche oltreoceano hanno vita facile, in quanto il settore ha in tutto il mondo seri problemi, e devono innanzitutto vincere delle borse per potersi pagare studi molto costosi, ma una volta diplomatisi, le opportunità a loro disposizione sono numerose e, soprattutto, vanno avanti grazie ai meriti e non alle conoscenze. E veniamo al concerto che, come accennato all’inizio, prevedeva l’esibizione, nella Sala delle conferenze del Museo Archeologico Nazionale, di alcuni dei partecipanti al master.
Il pomeriggio si è aperto con il napoletano Giovanni Alvino, venticinquenne ma con una carriera artistica già ricca di successi, che ha eseguito il primo movimento (Allegro), della Sonata op. 14, n. 1 in mi maggiore, scritta fra il 1798 ed il 1799 da Beethoven.
Appartenente al primo periodo della sua produzione, il lavoro venne dedicato alla baronessa Josefa von Braun per ingraziarsi il marito, direttore dei teatri di corte viennesi, e conobbe poi un successivo arrangiamento per quartetto d’archi, ad opera dello stesso Beeethoven.
Seconda interprete, la giovanissima Fernanda Damiano, nata a Taranto, che ha appena 14 anni, ma suona da quando ne aveva sei, e più volte è stata ospite delle rassegne dell’Associazione Napolinova.
Seguita per alcuni anni dalla professoressa Anna Maria Pennella (presente in sala che, fra l’altro, è stata docente anche del maestro Pompa-Baldi), la Damiano ha affrontato la Ballata n. 4 in fa minore, op. 52 di Chopin.
Composta nel 1842, fra Parigi e Nohant, e pubblicata nella sua versione definitiva nel 1843, il brano si ispirava, come le tre ballate precedenti, alle opere del poeta e scrittore Adam Mickiewicz, prendendo in questo caso come riferimento la lirica intitolata “I tre fratelli Budrys”.
E’ stata poi la volta del foggiano Domenico Monaco, il più “anziano” del gruppo, a dispetto dei suoi 33 anni, con un programma che spaziava dalla Sonata in mi bemolle maggiore D. 568 di Schubert (della quale ha eseguito il primo e l’ultimo movimento) allo Studio n. 2, dai Sei Studi sui Capricci di Paganini, op. 3 di Schumann, passando per il Preludio n. 1 del II libro di Debussy. Il concerto si è chiuso con la calabrese Margherita Capalbo, anche lei molto giovane, confrontatasi con i corposi Studi sinfonici, op. 13, scritti nel 1834 da Schumann. Il brano è costituito da alcune variazioni su un tema, opera del barone von Fricken, musicista dilettante, ma soprattutto padre di quella Ernestina con la quale Schumann si era fidanzato segretamente, e da uno studio su un tema dell’operista tedesco Heinrich Marschner, posto al termine del pezzo.
Per quanto riguarda gli interpreti, hanno fornito un’ottima prova, merito della notevole esperienza già acquisita, nonostante la giovane età, e della bontà degli insegnamenti ricevuti dal maestro Pompa-Baldi, il cui compito non è quello di imporre un punto di vista personale, ma di valorizzare al massimo le capacità di
ognuno.
Spettatori numerosi, ma più vivaci del solito, complice un violento nubifragio, che si è abbattuto sulla città durante il concerto. Ad ogni modo applausi calorosi per tutti e ringraziamenti unanimi ad Alfredo de
Pascale, che ha salutato il suo affezionatissimo pubblico, dando appuntamento al 5 settembre, con un pomeriggio dedicato alla chitarra.

Un duo affiatato ed elegante al Museo Archeologico di Napoli

Con la coppia Le Dall-Mallozzi i “Pomeriggi in Concerto” rivolgono la loro attenzione al repertorio per violino e viola

La seconda parte dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova si è aperta con due illustri ospiti, la violinista Marie-Hélène Le Dall ed il violista Raffaele Mallozzi, coppia nella musica e nella vita.
Argomento dell’incontroconcerto “Violino e Viola: dialoghi e duetti”, come sempre preceduto da un breve scambio di opinioni fra Alfredo de Pascale, direttore artistico della rassegna ed il maestro Mallozzi, napoletano di nascita, diplomatosi al Conservatorio di S. Pietro a Majella, che da molti anni ricopre il posto di prima viola dell’Orchestra di Santa Cecilia.
Un paio gli argomenti toccati, che riassumono l’attuale momento fortemente negativo, la diminuzione, rispetto ai tempi passati, di insegnanti di alto livello, e la mancanza di sbocchi lavorativi, che vanifica anni di sacrifici e suggerisce spesso ai giovani l’abbandono del settore.
Il momento musicale è stato invece dedicato ai Duetti per violino e viola, n. 1 in sol maggiore KV. 423 e n. 2 in fa bemolle KV. 424 di Mozart e a tre delle quindici “Invenzioni a due voci” di Bach (catalogate come BWV 772-786), la n. 3 in re maggiore BWV 774; la n. 7 in mi minore BWV 778 e la n. 12 in la maggiore BWV 783.
Per quanto riguarda i brani mozartiani, gli unici per questo tipo di organico, furono scritti dal grande compositore nel 1783, per aiutare Michael Haydn, il fratello del più noto Joseph che, a causa di problemi di salute, era riuscito a completare soltanto quattro dei sei duetti commissionatigli dall’arcivescovo di Salisburgo.
Diverso il discorso relativo alle “Invenzioni”, che Bach compose per far esercitare al clavicembalo suo figlio Wilhelm Friedemann, ed in seguito sono divenute un severo banco di prova per chi studia pianoforte, ricevendo anche numerose trascrizioni per altri organici.
Relativamente ai due interpreti, si sono ben confrontati con questo programma molto interessante e di raro ascolto, evidenziando un ottimo affiatamento e una notevole padronanza dei rispettivi strumenti, dando vita ad un recital di grande spessore.
Pubblico numerosissimo, con la consueta dose di applausi fuori posto, in parte giustificabile in quanto la successione dei brani non corrispondeva, almeno inizialmente, con quanto riportato sul programma di sala (ma anche dopo, la storia non è cambiata, ed inoltre, per spettatori che si considerano competenti, non dovrebbe essere tanto difficile distinguere Mozart da Bach).
Appuntamento al prossimo e ultimo concerto della rassegna che, domenica 12 settembre, ospiterà il noto chitarrista Paolo Lambiase.

Un raro Beethoven al Museo Archeologico

Il Quartetto “Felix” apre la XIII Edizione del Festival di Musica da Camera di Napolinova con tre brani giovanili del grande compositore

Preceduto il giorno prima da un saggio dei partecipanti al master di violino curato da Manuel Meo, il XIII Festival di Musica da Camera, organizzato dall’Associazione Napolinova, nella figura del direttore artistico Alfredo de Pascale, ha ufficialmente aperto i battenti. Ospite del concerto inaugurale, nella Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico Nazionale, il prestigioso Quartetto “Felix”, nato nel 2000 allo scopo di valorizzare la produzione mendelssohniana, ma che successivamente ha allargato i propri orizzonti, diventando progressivamente padrone di un repertorio più vasto, comprendente brani, anche poco noti, appartenenti alla musica cameristica di altri celebri compositori. Così, per la serata inaugurale della rassegna, l’ensemble, formato da Umberto Garberini (pianista e fondatore), Carlo Coppola (violino), Gianfranco Conzo (viola) e Manuela Albano (violoncello), ha proposto i Quartetti per pianoforte, violino, viola e violoncello Wo0 36 di Beethoven, n. 1 in do maggiore, n. 2 in mi bemolle maggiore e n. 3 in re maggiore. Scritti dall’autore quando aveva appena quindici anni, e pubblicati postumi nel 1828, sono sicuramente fra i brani maggiormente significativi della sua produzione giovanile. A tal proposito gli studiosi sono concordi nell’affermare che, oltre naturalmente alla decisa influenza mozartiana, legata in particolare alle sonate per violino che funsero da modello principale, altri due autori ispirarono il giovane Beethoven, Christian Gottlob Neefe, uno dei suoi primi insegnanti ed il religioso Franz Xaver Starkel, compositore ma, all’epoca, noto soprattutto come grande virtuoso del pianoforte. Dal punto di vista musicale, si tratta di tre composizioni ben strutturate, che richiedono notevole impegno esecutivo, per cui risultano un po’ al di fuori della concezione dell’epoca, che vedeva nel quartetto una forma d’intrattenimento, destinata ad essere proposta in ambito salottiero da discreti strumentisti dilettanti. Ancora, va sottolineato come tali brani, pur essendo gli unici affidati ad un organico che Beethoven non utilizzerà più (se si eccettua il Quartetto in mi bemolle, op. 16b del 1797, trascrizione del Quintetto per pianoforte e fiati, op.16), non costituirono un mero esercizio, ma furono in parte recuperati successivamente e, tanto per fare un esempio, parte del materiale tratto dal Quartetto in do maggiore venne utilizzato nella prima e nella terza sonata per pianoforte dell’opera 2. Altre curiosità riguardano la partitura originale, dove si parla di clavicembalo e non di pianoforte, mentre il violoncello viene indicato con il termine “basso”, e l’ordine di pubblicazione scelto dalla casa editrice Artaria di Vienna, esattamente inverso rispetto all’effettivo completamento operato da Beethoven. Per quanto riguarda il lato interpretativo, il Quartetto Felix, ben guidato dal maestro Garberini, ha superato nel migliore dei modi le difficoltà insite nei tre lavori, mostrando un buon affiatamento, una notevole eleganza, ed un perfetto equilibrio fra i componenti. Tali peculiarità sono state apprezzate dal numeroso pubblico molto meglio del consueto, grazie ad una diversa disposizione logistica di spettatori ed interpreti all’interno della Sala del Toro Farnese, la cui acustica negli anni passati ha creato sovente problemi piuttosto seri. Ricordiamo, infine che, prima del concerto, il noto critico musicale Massimo Lo Iacono ha tenuto una breve ed interessante dissertazione, sia sui brani di Beethoven pubblicati postumi e contrassegnati dalla sigla Wo0 (ovvero Werke ohne Opuszahl, cioè “brani senza numero d’opera”), che sulla concezione del quartetto ai tempi del grande compositore, visto come musica d’insieme e non quale destinatario di funambolici virtuosismi.

Sinergie nel nome di Schumann

Al Festival di Musica da Camera di Napolinova un quintetto di ottimi interpreti

Secondo appuntamento domenicale con la XIII edizione del Festival di Musica da Camera, organizzato da Napolinova, sotto la direzione artistica di Alfredo de Pascale. Dopo il grande successo ottenuto dal Quartetto “Felix”, la Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico ha ospitato un quintetto formato da Manuel Meo (violino), Isabella Parmiciano (violino), Sandro Meo (violoncello), Francesco Venga (viola) e Ida Varricchio (pianoforte). Due i brani in programma, che attingevano alla produzione di Schumann, il Quartetto con pianoforte in mi bemolle maggiore, op. 47 ed il Quintetto in mi bemolle maggiore, op. 44, entrambi scritti nel 1842. Il primo, dedicato al conte russo Mathieu Wielhorsky, ebbe una gestazione molto breve (tra la fine di ottobre e la fine di novembre), ma esordì soltanto due anni dopo, alla Gewandhaus di Lipsia, eseguito da un quartetto costituito da Clara Schumann (pianoforte), Ferdinand David (violino), Niels W. Gade (viola) e Carl Wittmann (violoncello). Dal canto suo, il Quintetto in mi bemolle maggiore, op. 44, risulta il solo scritto da Schumann per un organico che prevedeva l’abbinamento fra il pianoforte ed il quartetto d’archi. In questo caso la dedicataria era Clara Schumann, che fu entusiasta del brano, da lei giudicato “magnifico, pieno di forza e di freschezza” ma, aggiungiamo noi, anche molto enigmatico, in particolare nel secondo movimento “In modo d’una marcia” (che inizialmente era stato indicato come “Marcia funebre”), utilizzato dal regista Ingmar Bergman per sottolineare, con i suoi due temi principali, le immagini salienti del film “Fanny e Alexander”. Per quanto riguarda gli interpreti, hanno mostrato affiatamento ed elevata bravura e tra Manuel Meo (violino), Sandro Meo (violoncello) e Ida Varricchio (pianoforte), musicisti ormai affermati ed i giovani Isabella Parmiciano (violino) e Francesco Venga (viola), meno abituati alla ribalta, si è creata subito un’ottima intesa. Ancora una volta, quindi, la formula alla base della filosofia del Festival di Napolinova, ovvero quella di far incontrare esecutori esperti e musicisti bravi, ma giovani, per dar vita ad esaltanti sinergie, ha dimostrato la sua validità. Pubblico entusiasta e chiusura con lo Scherzo, terzo movimento del Quintetto, op. 44, suonato come bis. La rassegna proseguirà domenica 28 novembre, con il trio formato da Stefano Novelli (clarinetto), Raffaele Mallozzi (viola) e Floriana Alberico (pianoforte), che si confronteranno con musiche di Schumann e Bruch.

Un trio di grande livello al Festival di Musica da Camera

Stefano Novelli, Raffaele Mallozzi e Floriana Alberico interpretano Schumann e Bruch nella Sala del Toro Farnese

Terzo appuntamento domenicale con il XIII Festival di Musica da Camera, rassegna organizzata dall’Associazione Napolinova, la cui direzione artistica è affidata ad Alfredo de Pascale. Protagonista del recente concerto, tenutosi nella Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico di Napoli, il trio costituito da Stefano Novelli (clarinetto), Raffaele Mallozzi (viola) e Floriana Alberico (pianoforte), confrontatosi con un programma prevalentemente rivolto a Schumann, in occasione del bicentenario della nascita dell’autore tedesco. Brano di apertura “Marchenbilder”, op. 113 per viola e pianoforte, scritto nel 1851, durante il breve e poco produttivo soggiorno di Schumann a Düsseldorf, dove aveva sostituito Ferdinand Hiller in qualità di direttore musicale. Il titolo, che tradotto significa “Immagini fiabesche”, è un lampante rimando alla fanciullezza ed alla nostalgia dei tempi passati, visti con l’occhio dell’adulto, secondo un concetto già sviluppato anni addietro nelle Kinderszenen, op. 15 per pianoforte I successivi Phantasiestücke, op. 73 per clarinetto e pianoforte, risalgono invece al 1849, quando Schumann era attivo a Dresda come direttore della corale “Liedertafel”. Siamo in pieno periodo rivoluzionario e il compositore non partecipa ai moti, ma preferisce rifugiarsi con la famiglia nella vicina campagna di Kreisha, dove trascorre momenti sereni e ricchi di creatività, creando brani, come questo, pervasi da una vena di intenso romanticismo. Lo stesso romanticismo, con l’aggiunta di una patina di tristezza e nostalgia, è riscontrabile negli Otto pezzi per clarinetto, viola e pianoforte, op. 83 di Max Bruch, dei quali abbiamo ascoltato il n. 2 (Allegro con moto), il n. 6 (Andante) e il n. 8 (Moderato). L’anno di composizione, il 1910, ci fa comprendere come Bruch, all’epoca ultrasettantenne, fosse ben consapevole di essere fuori dalla musica del suo tempo, il che non giustifica il colpevole oblio dal quale è avvolto ancora oggi. Chiusura con Märchenerzählungen per clarinetto, viola e pianoforte, op. 132, composto nel 1853 da Schumann, poco tempo prima del tentativo di suicidio nel Reno. Nonostante il titolo rimandi alle favole (in questo caso “Racconti fiabeschi”), non è possibile associarlo a circostanze ben riconoscibili, come nei “Marchenbilder”. Va inoltre notata la presenza di un nucleo tematico, che attraversa tutti e quattro i movimenti, contribuendo a rendere questa composizione una delle migliori in assoluto della produzione cameristica di Schumann. Dopo questa breve descrizione, uno sguardo agli interpreti, che hanno evidenziato la loro estrema bravura come solisti, mostrando nel contempo un ottimo affiatamento, nonostante siano stati riuniti solo per questa occasione (ma la costante ricerca di queste sinergie, quasi irripetibili, è sempre stata una delle peculiarità che rendono unico nel suo genere il Festival di Musica da Camera di Napolinova). Grande successo di pubblico, numeroso a dispetto dell’ennesima giornata di pioggia, esortato alla tranquillità prima dell’inizio, in quanto la serata è stata registrata, e bis giustamente rivolto a Bruch, che ne ha sicuramente più bisogno di Schumann. Prossimo ed ultimo appuntamento domenicale, che chiuderà l’intera rassegna, con il duo formato da Simonide Braconi (viola) e Simona Padula (pianoforte), impegnati in un vasto ed articolato programma.

Si è aperto il Natale in Musica di Napolinova

La clavicembalista Enza Caiazzo ottima protagonista del concerto inaugurale della rassegna

Per la prima volta, dopo ben quindici anni di attività, come tiene a sottolineare nel programma di sala il direttore artistico Alfredo de Pascale, l’Associazione Napolinova è stata invitata a partecipare agli eventi curati dal comune di Napoli per le feste natalizie. Il suo apporto si è concretizzato con un programma che prevede tre appuntamenti, tutti domenicali, nella Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico Nazionale, principalmente rivolti ai compositori attivi a Napoli, dal Seicento ai giorni nostri. Il concerto inaugurale ha avuto come protagonista la clavicembalista Enza Caiazzo, docente del Conservatorio di S. Pietro a Majella, che si è confrontata con alcuni autori del periodo barocco. L’apertura è stata dedicata a tre Toccate, la prima, in sol minore, di Gaetano Greco (1657 ca. – 1728), insegnante molto stimato, che ebbe come allievi figure del calibro di Porpora, Domenico Scarlatti, Vinci e Pergolesi; la seconda, in la minore, di Francesco Durante (1684-1755), noto sia come musicista che come docente (fra i suoi studenti si annoverano Paisiello, Jommelli e Pergolesi), mentre la terza, per cembalo d’ottava stesa, era opera di Alessandro Scarlatti (1660-1725), compositore prestigioso, unanimemente riconosciuto fra gli iniziatori della gloriosa scuola musicale napoletana. E’ stata poi la volta della Sonata in fa maggiore di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736), del quale cadeva quest’anno il terzo centenario dalla nascita che, nella sua pur breve esistenza, ci ha lasciato delle pagine indimenticabili, frutto del suo indiscutibile talento, ben indirizzato da maestri quali i già citati Greco e Durante. Decisamente meno famoso Pietro Domenico Paradisi (1707-1791), nato a Napoli, ma morto a Venezia, la cui notorietà era legata, almeno fino agli anni Ottanta, alla sua Toccata in la, dalla Sonata VI per clavicembalo che, trascritta per arpa, faceva parte dei motivi utilizzati per l’intervallo televisivo. Nell’occasione è stata proposta, invece, la Sonata VII in si bemolle maggiore, costituita dai tempi Allegro e Presto. Parte conclusiva interamente dedicata a Domenico Scarlatti, con quattro delle sue Sonate, che costituiscono un corpus di circa 550 brani, fra le quali spiccava la K. 513 in do maggiore “Pastorale”, molto affine al “Tu scendi dalle stelle” di S.Alfonso Maria de’ Liguori, che è stato poi al centro di un bis piuttosto particolare, in quanto verteva su variazioni del suddetto motivo alfonsiano curate dal maestro Canio Fidanza, nato a Potenza nel 1985. Uno sguardo all’interprete, per sottolineare sia la scelta di un repertorio quanto mai interessante, che ha contribuito a tenere desta l’attenzione dei numerosissimi spettatori, sia un’ottima esecuzione, dove è emersa tutta la bravura e la personalità della solista.

Il duo Falasca-Garberini da Brahms a Marrone

Il “Natale in Musica” di Napolinova si chiude con un concerto di grande spessore

Terzo ed ultimo appuntamento con “Natale in Musica”, organizzato dall’Associazione Napolinova, nella figura del direttore artistico Alfredo de Pascale, in collaborazione con l’Assessorato al Turismo del Comune di Napoli ed il Servizio Educativo della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. La breve rassegna si è conclusa con il concerto del duo, formato dal violinista Fabrizio Falasca e dal pianista Umberto Garberini, confrontatosi con un programma piuttosto vario ed impegnativo. In apertura abbiamo ascoltato la Sonata per violino e pianoforte n. 1 in sol maggiore, op. 78 di Brahms, iniziata a Pörtschach nell’estate del 1878 dall’autore tedesco contemporaneamente al completamento del celebre concerto per violino ed orchestra. Terminata l’estate successiva, sempre nella amena località della Carinzia, la sonata è contraddistinta da un grande equilibrio formale e dalla presenza di un motivo conduttore, ispirato ad alcuni passaggi tratti dal tema del Regenlied (Canto della pioggia), op. 59, n. 3, scritto in precedenza da Brahms, che si evidenzia nella sua interezza nel finale (da cui l’appellativo di Regen-Sonate con la quale è familiarmente conosciuta la composizione). Il secondo brano in programma, la Sonata per violino e pianoforte di Nino Rota, ha messo in evidenza un autore eclettico, del quale quest’anno cade il centenario della nascita, caduto troppo presto nel dimenticatoio, a stento ricordato per le colonne sonore dei film di Fellini e per l’Oscar vinto grazie alle musiche composte per “Il padrino-parte II” di Francis Ford Coppola. Basterebbe questa sonata, risalente al 1936, che si ispirava alla musica francese del Novecento, con una patina di raffinato esotismo, per riportare all’attenzione un musicista, la cui fama, in netto declino, ci auguriamo possa trarre giovamento dall’anniversario in corso. Chiusura con l’ Adagio e Allegro per violino e pianoforte di un autore contemporaneo napoletano, Patrizio Marrone, che attualmente ricopre la carica di direttore del conservatorio di S. Pietro a Majella. In esso si riscontrano le cifre stilistiche che da sempre contraddistinguono il musicista, ovvero la tendenza a scrivere lavori moderni senza mai perdere di vista il passato, considerato un inestimabile patrimonio di riferimento e non qualcosa di vecchio e superato, da rinnegare ad ogni costo. Riguardo agli interpreti, entrambi ricchi di esperienza, nonostante Falasca sia giovanissimo, hanno mostrato un ottimo affiatamento, dando vita ad un’esecuzione intensa e ricca di sfumature. Pubblico numerosissimo e caloroso (anche troppo), con presenze diverse dal solito, altrimenti non si spiegherebbero i ripetuti applausi, fra un movimento e l’altro, sia del brano brahmsiano, sia di quello di Rota. Due i bis proposti, uno rivolto al primo movimento della sonata di Brahms, l’altro all’Allegro del pezzo conclusivo, dedicato al maestro Marrone, presente fra gli spettatori che, alla fine, ha speso parole di vivo apprezzamento nei confronti dei due musicisti, posando con loro in una foto ricordo.

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